Adriano Macchione – La Madonna ha mosso gli occhi

Correva l’anno 1954, parliamo quindi esattamente di 70 anni fa. 
A Nocera la primavera era bella, profumata, soave. Come sempre. Rifiorivano i peschi e germogliavano le spacchiature delle rose.
L’afa acquarellava di colori tenui qua e là il paesaggio. I bambini giocavano alla vava con spicchi di specchi. Chiedilo a un bambino di oggi cos’e’ la vava e vedrai che neppure lo sa.  Sulle lastre delle finestre erano brillori rinfranti e riflessi luccicanti. 
Il ragazzino, con i pantaloni corti, gironzolava per la chiesa, come sempre faceva, in cerca chissà di che cosa, forse un sogno mistico, forse una pace reale in quella quiete.
Dai finestroni altissimi e colorati si irradiavano schegge di luce, che si moltiplicavano e si infrangevano su muri e colonne, statue di santi e i tanti altari che le vecchiette fedeli avevano fatto rifiorire con corolle dei primi fiori. 
Il ragazzino era sotto la statua della Madonna Addolorata, racchiusa in una nicchia, con il suo mantello a lutto e il pugnale nel petto trafitto. La guardava rapito. Vicino a lui c’erano altre persone, donne per lo più,  a pregare. 
Poi, all’improvviso, lanciò un breve urlo, un misto di stupore e di gaudio:《’a Madonna ha muossu l” uocchi. ‘a Madonna ha muossu l’uocchi”.
Cioè, 《la Madonna ha mosso gli occhi.
E una donna, vicino a lui, ribatte’: 《E”  vero, l’haju vista pure iu…ha muvutu l’uocchi》.
Lei era ancor giovane, ancor bella, Maria Carrumagna si chiamava ed era madre di tre figli e si squonquassava di lavoro nei campi.
Tutta gente onesta,  a quel tempo in paese. 
E poi così via, dopo le grida del ragazzo, nei pressi un altra persona e poi un’altra ancora dissero la stessa.
Ci sono incendi che iniziano con un crepitio e poi con una fiammella che pian piano diventa fuoco. E ci sono incendi che divampano subito, in pochi secondi. Come accadde quel giorno in chiesa. Un vocio rimbombo’ nell’austera e maestosa silenziosità dell’antica San Giovanni, la ruppe, la frantumo’ e poi dilago’. 
Qualcuno corse velocemente verso il grande portone. Poi, giunto sui gradini, alzando le braccia al cielo, abbassandole, alzandole di nuovo e riabbassandole, e così  via, come se stesse implorando, gridò: 《’a Madonna ha muossu l” uocchi, ‘a Madonna ha muossu l’uocchi”.
A quelle grida, i vagabondi che passavano il tempo chiacchierando davanti al Monumento dei Caduti della piazza, accorsero fulminei e a chi da qualche finestra faceva segni per sapere cosa fosse successo, tutti in coro rispondevano, 《’a Madonna ha muossu l” uocchi. ‘a Madonna ha muossu l’uocchi”.
Si affacciavano dai miseri negozi, dalle barberie, dalle cantine e dal bar. E sentendo quel ritornello, tutti accorsero in chiesa.
Davanti alla Madonna gli occhi di tutti erano sui suoi occhi, pronti a captare una scintilla nell’iride, un chiarore nelle pupille, il pur minimo movimento.
Frattanto arrivavano genti da tutte le parti, da ogni ruga e vineddra, da ogni rione. La chiesa fu piena in pochi minuti. E vennero, via via, anche i contadini che ritornavano dai campi e i muratori che avevano lasciato in tutta fretta l’impalcatura.
Giunse pure il parroco, chiamando il ragazzino per nome. 
《Che è successo, Tonì?》gli chiese.
《’A Madonna ha muossu l’uocchi,  ‘a Madonna ha muossu l’uocchi》, rispose Tonino, emozionato.
Il parroco non seppe cosa rispondere. Mancò la calma e la quiete per fare riflettere tutti. 
Alla sera la chiesa era stracolma di gente, si alzavano preghiere che sembravano mormorii e brusii che sembravano preghiere. Chi si batteva il petto e chi aveva una sfilza di miracoli da chiedere. L’elenco era lungo: la morte, la vita, la salute, il pane, il lavoro. 
La notte, che sembrava non avere mai un’alba, si tenne una veglia.
I bambini  si addormentarono sui colli delle mamme. Nei loro nasini l’odore dei colli assolati, sulle mani il tepore dei ricchi  seni campagnoli. 
L’indomani, verso mezzogiorno, vennero da tutte le parti. Colline e contrade si riversarono in paese. Sembrava un’ondata di fede. Onde lunghe, scomposte. E così fu anche nei giorni seguenti. Con carrette cigolanti e vespette, biciclette arrugginite e motociclette borbottanti. Vennero pure dai paesi vicini, con le macchine chi l’aveva e con corriere, quei mezzi grossi come camion, ma con 40 posti a sedere, che al tempo si chiamavano postali, perchè  portavano la posta e non autobus come oggi. 
I ragazzini salivano ai Cappuccini e facevano a gare a chi contava il numero esatto di veicoli che c’erano dal fiume a Fangiano e dall’altro versante quelli che andavano dal mulino al Destro.
Essendo mediamente l’istruzione di Quinta Elementare, chi era alle Medie faceva la figura dello scienziato, avendo meno difficoltà a contare fino a 20. I coetanei lo guardavano con stupore:《Caspita, è riuscito a contare fino a 27》, dicevano ammirati. 
Nocera, con quel via vai di gente, sembrava rivilitalizzata. Forse era questo il vero miracolo, penso’ don Alfredo. Gli operai e i muratori “a ra fatica” facevano qualche ora in meno, per poter stare più tempo in  chiesa. I padroni lasciavano fare. Guai a mettersi contro i santi, pensavano religiosamente i datori di lavoro, in genere sfruttatori. E le botteghe vendevano qualcosina in più,  tra pani, formaggi, mortadella e prosciutti.
Nocera sembrava essere diventata Siracusa. Gia’, Siracusa. La’, qualche mese prima, il 29 agosto 1953, era successo qualcosa che ancora oggi è storia. In una casetta di due giovani da poco unitisi in matrimonio (lei era in attesa del primogenito), la sposa aveva visto lacrimare la Madonnina in gesso colorato del suo capezzale. Chiamò due familiari e anche loro videro quei copiosi e continui lacrimoni.  Arrivo’  gente come uno stormo di uccelli in volo affamato.  Vennero preti e monache, fedeli e atei, chierichetti e catechisti. E vennero malati di tutte le foggie,  muti e ciechi, sordi e zoppi, terminali e appena diagnosticati.  Poi alla sera  giunse pure il marito della giovane e anche lui vide le lacrime. Vennero pure i carabinieri che portarono la Madonna in caserma. Poi a notte fonda la riportarono a casa e il giorno dopo fu esposta  sul muro esterno.
Guarì per prima la sposa, che era malata. Poi altri. Chi buttò  le grucce, chi parlò e chi sentì, chi vide! Una bambina di tre anni e mezzo, invalida, davanti a tutti, si alzò e mise ad agitarsi come in una danza. Incredibile, ma vero. Scritto e registrato. 
La Madonna pianse 58 volte e tutti la videro.
L’ultima volta che  pianse fu il 1° settembre. 
Le guarigioni continuarono anche dopo. La chiesa riconobbe il miracolo, perché gli esami chimici dissero subito che si trattava di un liquido della stessa composizione delle lacrime umane.
La storia di Siracusa, della “Madonna delle lacrime”, così fu chiamata, entrò nelle vene e nel sangue, nelle menti e nei cuori di fedeli di tutt’italia. 
Chissà,  la poesia di quella storia, s’incuneo’  anche nei menti di qualche nocerese. Con i relativi influssi e condizionamenti. Chissà… 
Ma a Nocera non andò come a Siracusa. 
Era tutto bello, ma tutto durò poco. Era iniziato velocemente e fini’ velocemente.
Infatti, passò ancora qualche giorno e in paese giunse il vescovo. Saba si chiamava. Che tipo! Energico, duro. Era stato cappellano di guerra, figuriamoci. E in più era amico fraterno di Amintore Fanfani, un importante politico della D.C., che al solo volerlo, avrebbe potuto fare di tutto e di più.
Quando il vescovo entrò nella chiesa, e trovò tutto il lastricato pieno di candele e lumini accesi, tanto da non poter camminare, lui che in guerra aveva evitato pure le mine, andò su tutti le furie. Altro che vescovo, sembrava un diavolo.
Ordinò immediatamente che il pavimento fosse sgomberato e le cere buttate in un fosso. E ordinò pure che la statua fosse rinchiusa e sigillata nella sua nicchia, coperta da un velo, così nessuno avrebbe più visto i suoi occhi muoversi.
E attenti, disse, chi non obbedisce lo faccio arrestare. Ciccio Rocca il sagrestano tremò. E Lisa Mazzarune pure. Il parroco sembrò Garbaldi a Teano, 《obbedisco》, disse.
Si fecero avanti i politici locali, compagni e democristiani. Per una volta erano d’accordo. Che male c’è,  dissero, a lasciare libero sfogo alla fede di un popolo? Che male fanno? 
Il vescovo li guardò storto e poi aggiunse;《Chiamo i Carabinieri anche per voi, se non la finite》.
Fini’  così, la Madonna fu chiusa nello stipo solito, con una tendina davanti e nessuno la vide più .
Tonino per anni e anni a domanda rispose sui fatti. Paziente e ingenuo. Infischiandosene delle battute e della battucce e non perdendosi da parte sua mai una messa o una processione.
Saba invece non smise di rompere i gabasisi, come avrebbe detto Camilleri se Nocera fosse stata in Sicilia e non in Calabria. 
Il santo vescovo, piu’ fante che prete, dal 56 in poi, ci si mise di buozzo buono e cerco’ di ridimensionare la Settimana Santa in paese, con nuovi orari, spostamenti delle liturgie da un giorno all’altro, proibizione dei “Vattienti”. Fu un subbuglio che durò quattro anni. Ma i noceresi se ne fotterono (come avrebbe detto ancora Camilleri) molto ampiamente delle disposizioni di San Saba. Finché questi, nel 60, non mando’, con l’aiuto di Fanfani (arieccolo, avrebbero detto a Roma) 70 uomini, tra soldati e piesse, per arrestarli o fermarli durante il loro rito. Ma i “Vattienti” non si fecero intimorire e fecero quel che da sempre avevano fatto. Saba, davanti a questa plateale disubbidienza fece una figuraccia con i suoi superiori e ci rimise il posto. Fu trasferito. Ma la sua pesante valigia di ricordi rimase per sempre. Anche perché i gendarmi sugli usci che cercavano di frenare i “Vattienti” disubbidienti, furono immortalati dalla oscena cinepresa del noto regista di fama internazionale Gualtiero  Jacopetti e inseriti nel famigerato film “Mondo cane”.
A Siracusa, invece, il miracolo continuò. E anche le polemiche. Vero? Non vero? Spesso la presunzione dell’uomo è talmente grande, che passa il tempo a cercare di dare spiegazioni persino a ciò che sembra soprannaturale. Sara’ l’invidia per demolire il buon Dio? Tra i tanti scienziati che dimostrarono come le lacrime di Siracusa si potessero produrre artificialmente, spicco’ tale Garlaschelli, studioso del mondo dell’occulto. Fatto sta, però, che i miracoli in quel 1954 li videro tutti, mentre di Garlaschelli, che ne fece quasi una guerra personale, ne hanno memoria e conoscenza ben pochi.
Comunque sia andata, nel 1966, a Siracusa, iniziarono i lavori per una grande chiesa,  opera monumentale e splendida. Che poi fu consacrata nel 1984 da Papa Giovanni Paolo II.
Della Madonna di Nocera che mosse gli occhi, tutta vestita di nero e con il pugnale nel cuore, lo sanno ben pochi. Fino ad oggi. Chi vuole vederla, è facile, è al solito posto, a San Giovanni, di fianco all’altare.